Allattamento al seno: primi giorni e posizioni migliori

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Dr. Franco Vicariotto

Medico Chirurgo, Specialista in ostetricia e ginecologia

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Mettere al mondo un figlio è un bellissimo gesto d’amore ed è proprio in virtù di quell’amore che ogni genitore, e soprattutto ogni mamma, cerca di impegnarsi a donare al bambino tutto ciò di cui ha bisogno, per aiutarlo a crescere e ad essere in salute.

L’allattamento al seno è una delle più importanti cure che la mamma possa riservare al bambino, per il bene del piccolo, ma anche per il proprio.

Come funziona l’allattamento al seno

Molte donne sono terrorizzate dall’ipotesi di non riuscire ad allattare il proprio figlio, oppure dall’eventualità che il proprio seno non riesca a produrre latte.

In realtà, trattandosi di una condizione fisiologica che ha inizio già a partire dal secondo trimestre di gravidanza, la produzione di latte dovrebbe essere consentita per tutte le donne e costituire una certezza. Solo in rari i casi la produzione di latte non avviene.

Grazie alle ghiandole mammarie, sostenute a livello endocrino dalla prolattina (PRL), dall’ossitocina, ma anche da altri ormoni, il seno produce in modo naturale il latte materno.

Con la suzione del bambino, inoltre, la produzione di prolattina si rafforza; ciò significa che più il piccolo succhia e più la prolattina aumenta.

Con ogni poppata quest’ormone viene rimesso in circolo, attivando il processo produttivo di latte per la poppata successiva.[1]

Nella fase iniziale, più precisamente nei primi 4 o 5 giorni, il seno produce colostro, un liquido dal colore giallo intenso, tendente all’oro, molto nutriente, ricco di cellule immunitarie, anticorpi e di tutte le sostanze necessarie al bambino in questo preciso momento della sua vita, con lo scopo di alimentarlo, favorire il suo sviluppo e difenderlo dai primi contatti con i microrganismi presenti nell’ambiente.

All’incirca dal terzo/quinto giorno si verifica la montata lattea, grazie alla quale la produzione di colostro viene sostituita da quella di latte intermedio e, a seguire, dal latte maturo (dopo 10-15 giorni).

Durante le diverse fasi, il latte diventa man mano più bianco e cambia la sua composizione nutritiva, che resta in ogni momento perfettamente adeguata alle esigenze del neonato.

La montata lattea avviene in parte spontaneamente e in parte indotta da un aumento della prolattina provocato dalla suzione del bambino.

Quando essa sta per verificarsi il seno diventa più gonfio e turgido.

Composizione del latte

allattamento al seno

Che il latte materno sia un alimento indispensabile per la crescita del bambino è ormai chiaro, ma cosa contiene di preciso?[2]

  • Il colostro, il primo latte di colore giallastro, è ricco di vitamine, minerali, proteine, cellule immunitarie e immunoglobuline.
  • Il latte di transizione, quello che comincia pian piano ad acquisire un colore più biancastro, oltre ad avere vitamine, minerali e proteine (anche se in proporzioni leggermente minori rispetto a quelle del colostro), contiene anche una quantità più alta di lattosio e acidi grassi.
  • Il latte maturo, dal colore bianco a noi più noto, ha meno lattosio ma è più ricco di grassi e proteine.

È possibile che una mamma non abbia latte?

Anche se con una percentuale bassissima, può verificarsi che una mamma non abbia latte.

In realtà, nella maggior parte dei casi si tratta di neomamme che non vengono incoraggiate nell’ambito sociale, a partire dalle donne presenti in famiglia, e non ricevono un adeguato supporto dai professionisti della salute, specialmente nelle prime fasi di attaccamento al seno del neonato, che sono le più difficili.

La promozione dell’allattamento al seno da parte delle Istituzioni Sanitarie è al contrario oggi molto diffusa e incoraggiata, a partire dall’Organizzazione Mondiale della Sanità fino alle ostetriche del territorio, essendo una pratica molto sana per mamma e neonato.[3]

Per i bimbi cominciare a succhiare è una cosa istintiva, così come per le mamme altrettanto.

La vera e propria agalactia, ovvero la reale mancanza di secrezione lattea, comunque esiste, e può essere causata da:

  • alterazioni ormonali
  • anemia, deperimento e condizioni di salute particolari
  • mancato sviluppo delle mammelle e delle ghiandole mammarie (dovuto a problemi congeniti e/o patologici)
  • precedente intervento chirurgico che interessa una o più parti dell’apparato riproduttivo.

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Come attaccare correttamente il neonato nei primi giorni

Subito dopo la nascita, il bambino è pronto per cominciare ad attingere il suo nutrimento dal seno della madre.

Normalmente, bisogna solo cercare una posizione comoda per entrambi, in modo da non avere dolore o fastidio di alcun genere.

Per consentire al piccolo di trovare facilmente il capezzolo ed evitare che la madre debba effettuare sforzi per reggere il neonato, dato che ha appena partorito e sta pian piano riacquistando le forze, è consigliabile approfittare del contatto pelle a pelle che avviene già in sala parto.

Il bambino viene adagiato a pancia in giù sul petto della madre, con le gambine in obliquo che vanno verso il ventre della donna.

Il piccolo si sente al sicuro in questa posizione perché riesce a sentire il battito della madre, il suo respiro e il suo calore. Il contatto rafforza il legame tra mamma e figlio, avvia un’intesa che diventerà sempre più solida nel tempo, fa sentire bene sia la donna che il piccolo.

Questo contesto ideale, quindi, non può che favorire l’attaccamento al seno del neonato e la serenità della madre.

Posizioni per l’allattamento

Al di fuori di quella appena menzionata, che si mette di solito in pratica soprattutto subito dopo il parto, esistono anche altre posizioni che possono agevolare l’allattamento.

Vediamo quali:

  • Posizione classica: il bambino poggia la sua testa sul braccio della mamma, lo stesso del seno a cui si attacca.
  • Posizione incrociata: il bambino viene messo come nella precedente, ma il braccio che lo sostiene è quello opposto al seno a cui è attaccato, con la mano della madre dietro alla sua nuca.
  • Posizione rugby: le gambe del piccolo sono direzionate verso il fianco e non a contatto con l’addome della mamma, mentre è attaccato a un seno e viene sorretto con il braccio dello stesso lato.
  • Posizione sdraiata: la mamma si stende appoggiandosi su un lato e il bimbo viene sdraiato di fronte a lei, all’altezza del seno.

A prescindere dalla posizione che preferisce, la mamma deve sempre mettersi comoda, magari usando dei cuscini a sostegno di schiena, collo e braccia, per poter dare il giusto appoggio al bambino.

Solo in questo modo infatti, il piccolo riesce a succhiare in modo corretto, avvolgendo capezzolo e areola con la sua bocca.

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Quanto dura la poppata e quali sono gli orari per l’allattamento

Ciascun neonato ha esigenze personali e un temperamento proprio.

Inoltre, essendo così piccoli, il loro stomaco può contenere quantità di latte che per noi possono sembrare esigue, ma che in realtà sono più che sufficienti per il suo nutrimento e la corretta crescita.

È difficile stabilire con esattezza quali sono gli orari in cui allattare e quanto può durare ogni poppata!

Nelle prime settimane di vita, il neonato ha bisogno di mangiare dalle 8 alle 14 volte al giorno; man mano che cresce, le sue poppate diventano sempre più lunghe e meno frequenti, proprio perché le sue necessità nutrizionali cambiano strada facendo.[4]

Quanto dura l’intera fase di allattamento

L’intera fase dell’allattamento (quella in cui il bambino si nutre solo ed esclusivamente di latte, materno o artificiale che sia) deve durare almeno fino ai 6 mesi di vita del piccolo, momento in cui si comincia gradualmente a svezzarlo, inserendo poco per volta i cibi cremosi, che nel tempo diventano sempre più consistenti.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità specifica, inoltre, che sarebbe opportuno continuare a dare il seno al bambino fino a quando si riesce a produrre latte, possibilmente fino a 2 anni di età, ma anche oltre, se mamma e bambino lo desiderano.[5]

Allattamento misto

Il miglior modo per alimentare il bambino è ascoltare le sue richieste.

A volte però, può capitare che il piccolo non si svegli spesso come dovrebbe, oppure non appaia soddisfatto della poppata appena fatta.

Bisogna stimolarlo e cercare stratagemmi per consentirgli di assumere tutto il latte di cui necessita.

Può essere utile farlo dormire a temperature medie, non troppo calde, cambiargli il pannolino, parlargli, adagiarlo nudo sul proprio petto, tenerlo poggiato sulla spalla e massaggiargli la schiena.

Se nonostante questi passaggi il bimbo continua a non essere sazio, dimostrandosi irrequieto e producendo urine e feci scure in quantità ridotte, potrebbe essere utile considerare l’allattamento misto: al seno e con aggiunta.

Il pediatra, l’ostetrica o la puericultrice sono in grado di stabilire le modalità e i dosaggi, in base alle esigenze e all’età del piccolo e alle condizioni di salute della madre.

Dolore al seno

Il dolore al seno non è un sintomo normale durante la suzione del bambino, né tantomeno durante tutto il periodo dell’allattamento.

Sono possibili fastidi soprattutto inizialmente, ma il dolore non dovrebbe disturbare l’allattamento, che al contrario è piacevole per entrambi i protagonisti.

Se invece diventa sofferenza potrebbe dipendere da diversi fattori: il bambino non è ben attaccato alla mammella, si sono formate ragadi sui capezzoli, la ghiandola s’è infiammata (mastite), spesso a causa di un ingorgo.[6]

In questi casi l’ostetrica o il medico sapranno consigliare come agire al meglio per mamma e piccolino.

 

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