Fame emotiva: che relazione c’è tra cibo e emozioni

Paolo Montenero
Dr. Paolo Montenero

Medico chirurgo, specialista in Neurologia, Fisiatria e Patologia Generale.

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Spesso utilizziamo i termini cibo, alimento, nutrimento in maniera intercambiabile, ma in realtà nascondono significati diversi.

  • Cibo, dal latino ‘capio’, prendere, assumere: il termine quindi ha una valenza neutra.
  • Alimento, dal latino ‘alere’, crescere (da cui al-unno, all-ievo): il termine è in rapporto con il significato di sviluppo, maturazione.
  • Nutrimento dal greco ‘anatrefo’, espandere verso l’alto (‘ana’).

In sintesi, proprio a partire dall’ultimo etimo, possiamo dire che la finalità del cibarsi e dell’alimentarsi confluisce in quella del nutrirsi, inteso come procurarsi l’energia vitale, necessaria per la propria crescita e realizzazione.

Pertanto mangiare e bere non possono ridursi a comportamenti meccanici o sciatti di semplice rifornimento, ma rivestono un significato culturale, direi sacrale, rispetto a noi stessi e al mondo che abitiamo.

Quando avvertiamo appetito, dal latino ‘appetere’, aspirare a, ci si dischiudono varie possibilità: ingurgitiamo subito qualcosa di edibile che ci si offre a tiro, con lo scopo di sopprimere quella percezione, oppure la valorizziamo in nome della salute e della vita.

Cos’è la fame fisiologica

La dinamica fisiologica di questo complesso processo è legata all’equilibrio del sistema digestivo, del cervello e del metabolismo nel suo insieme.

Molte molecole attraversano le nostre vie di comunicazione come staffette, messaggeri che portano informazioni: tra queste la grelina che attiva l’appetito e la leptina che favorisce il senso di sazietà.[1]

All’interno di questo coordinato sistema, può accadere che alcune parti si svincolino dall’armonia del tutto e per così dire escano da quell’ordine. Ecco allora che il desiderio di mangiare non corrisponde più alla necessità di nutrire le nostre cellule, ma assolve altri bisogni, dipendenti da emozioni, sentimenti e pensieri, ‘anarchici’ rispetto a quelle finalità.

Il termine emozione deriva dal latino ‘e-movere’, ossia muovere, agitare da dentro. Qualcosa nasce in noi che avvertiamo sia nella psiche, esempio la paura, la rabbia etc., sia nel corpo es. tremori, calore, modifiche del ritmo cardiaco, del respiro etc.

Si tratta di forti impulsi che determinano comportamenti vari come la fuga, l’aggressione etc. e anche l’atto di afferrare e ingoiare cibo.

Tutto è collegato alla nostra relazione con l’ambiente, il mondo che abitiamo.

Se percepiamo qualche minaccia, attiviamo comportamenti arcaici e potenzialmente idonei, in quanto tali selezionati nell’evoluzione, come l’attacco o la fuga, ma anche comportamenti disfunzionali, ‘compensatori’. Questi non favoriscono una soluzione del problema, ma si limitano appunto a compensarlo, a bilanciarlo un po' come se, in caso di incendio, lungi dall’intervenire sulle sue cause, ci limitassimo a provare a spegnerlo con poche secchiate d’acqua.

Ebbene la cosiddetta fame emotiva è come un semplice e incongruo estintore, tanto a portata di mano, ossia di frigorifero, quanto inadatto.

Inoltre riempire lo stomaco in qualunque modo, non estingue tale fame perché possiamo desiderare qualcosa di specifico, da cui diventiamo dipendenti e la dipendenza reitera il comportamento.

In particolare ciò che consideriamo cibo, piuttosto che nutrimento, secondo la distinzione fatta all’inizio, svolge una funzione insieme compensatoria e illusoria.

Pensiamo ad es. alla ricerca e all’assunzione ‘obbligatoria’ dei dolci, quasi cercassimo in quello specifico sapore quanto di ‘dolce’ ci manca o ci è mancato, nella relazione con noi stessi, con gli altri etc.

Quel cibo, possiamo dire, racchiude in sé la metafora dolce della vita.

Quanto agli antecedenti, racchiusi nella nostra storia, all’origine della fame emotiva, possono esserci stress malvissuti, preoccupazioni per la salute, per aspetti socio familiari, per problemi finanziari, per difficoltà di relazione, per lutti non elaborati, per autosvalutazione e altre circostanze, ma anche per influenze culturali.

A proposito dello stress, ricordiamo come l’eccesso di produzione di cortisolo, uno degli ormoni della nostra reazione di allarme, accresca il desiderio di mangiare, per procurarci energia che ci serve per estinguere la minaccia, reale o vissuta come tale.

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Come si riconosce la fame emotiva

Diventa indispensabile a tal proposito, distinguere quali sono alcune caratteristiche della fame fisiologica e quali quelle della fame emotiva.

  • La fame fisiologica è un bisogno che si instaura gradualmente e che è controllabile. Quella emotiva è legata a un impulso improvviso e incontrollabile
  • La fame emotiva, a differenza di quella fisiologica, svolge una funzione compensatoria che dipende dallo stato d’animo e può essere indipendente dal sapore e dal gusto del cibo oppure esserne fortemente dipendente
  • Nella fame emotiva, i sistemi di feedback tra assunzione di cibo e sazietà, appaiono disfunzionali e dis-regolati, con scarso senso di appagamento[2]
  • Mentre la fame fisiologica appagata determina un senso di sazietà, “riconoscente” verso ciò che ci ha nutrito, la fame emotiva è più legata alla ricerca di una percezione di “pienezza” aspecifica, scarsamente gratificante
  • Se nel mangiare ci “ingozziamo” più che nutrirci, è facile che sorgano sentimenti di colpa e di vergogna e emozioni di disgusto verso tale comportamento, non sufficienti tuttavia a interrompere tale circolo vizioso.

Alimenti che influenzano l’umore

emozioni e cibo

Ognuno entra in risonanza positiva con particolari tipi di cibo, con le percezioni gustative, dell’olfatto e persino visive, derivandone sensazioni di piacere e appagamento. Parallelamente sono possibili simmetriche avversioni.

Ciò nonostante in molte tradizioni culturali, esistono cibi che per le loro qualità, più che per le loro quantità caloriche, vengono considerati responsabili di specifiche reazioni dell’organismo. Pensiamo ad es. a cibi attivanti (yang), quali cioccolata, caffè, frutta secca, pesce azzurro etc, e cibi equilibranti (yin), quali frutta, verdura, cereali integrali etc.

Possiamo dire oggi che molte di queste conoscenze tramandate nei secoli sono state riconosciute come valide dalla scienza nutrizionale moderna.

È ben noto ad es. che l’attività stimolante del cacao e del cioccolato fondente è legata alla capacità di attivare specifiche molecole segnale del nostro sistema nervoso, quali endorfine e serotonina, che forniscono sensazioni di piacere e gratificazione. Nello stesso modo, pesce azzurro, noci, semi di lino, ricchi di omega 3, contribuiscono all’efficienza delle funzioni cognitive, mentre la frutta e la verdura, ricche di antiossidanti, hanno un ruolo anti-aging[3].

Piaceri del cibo e sfera sessuale

Mangiare e soddisfare esigenze sessuali sono considerati entrambi piaceri della vita, oltre che bisogni primari dell’essere umano.

Il collegamento tra cibo e sfera sessuale deriva dalla prima mela che Eva offrì a Adamo per giungere ai nostri giorni: piacere e nutrimento sono comuni al cibo e alla sessualità.

Molte sono le metafore che uniscono cibo e sesso. Ad es. assaporare un bacio, mangiare qualcuno con gli occhi, accarezzare una pietanza.

Inoltre alcuni cibi quali cioccolato, fichi, mandorle, miele, asparagi, zenzero etc.., vengono da millenni considerati afrodisiaci, da Afrodite dea greca dell’amore e del piacere.

In altri termini, ci si nutre di relazioni d’amore come di cibo.[4]

Cibo e emozioni nei bambini

Analogamente agli adulti i bambini possono manifestare fame emotiva.

Analogamente agli adulti, i bambini possono cercare di compensare con il cibo conseguenze di stress, mancanze, desideri insoddisfatti, ansia da prestazione, richieste ambientali al di là delle proprie possibilità etc..

Spesso tale desiderio reattivo finisce per costituire un vero e proprio input per comportamenti automatici dello stesso tipo degli adulti.

Prima che tali fenomeni si consolidino, con gravi rischi per la salute, è fondamentale prestare attenzione a quanto sta loro accadendo e stabilire una relazione di ascolto, soprattutto per riconoscere, comprendere e contenere/trasformare ansie e paure infantili.

Importante anche una funzione educativa, nel senso del termine latino e-ducere, ossia fare emergere nel bambino le sue personali risorse per modificare gli impulsi della fame emotiva.

Viceversa è assolutamente da evitare sia l’”imbonimento” con il cibo, sia il gratificare il bambino attraverso dolciumi o altro, per manifestare il proprio apprezzamento di adulto, rispetto ai suoi comportamenti virtuosi.

I fiori di Bach

La gestione dei rapporti emotivi con l’alimentazione può beneficiare anche dell’utilizzo dei fiori di Bach. Si tratta di archetipi floreali di stati d’animo ai quali ispirarsi, mentre se ne assume l’essenza, per evocare le proprie innate risorse e capacità di adattamento. I fiori di Bach più in relazione con la fame emotiva sono:

  • Impatiens (Impatiens glandulifera): fiore per l’aspetto comportamentale di chi manifesta fame emotiva.
    Per coloro che pensano e agiscono rapidamente e che, per questo ritmo accelerato, si spazientiscono e non possono permettersi pause per riflettere sul proprio operato. Inoltre in solitudine mantengono tale ritmo accelerato. Da tutto ciò deriva l’indicazione per il comportamento di consumazione veloce, impulsivo, non riflessivo della fame emotiva.
  • Agrimony (Agrimonia eupatoria): fiore per il sentimento di insicurezza legato a una difficoltà di auto-accettazione, proiettata sugli altri. Ciò comporta l’abitudine al nascondimento e al mascheramento.
    Per coloro che tendono a rinunciare, a gestire in solitudine il proprio tormento e che possono compensare con l’abuso istintivo di cibo e anche delle droghe più svariate.
  • White Chestnut (Aesculus hyppocastanum): fiore per gli effetti emotivo/sentimentali, post assunzione compulsiva di cibo
    Per coloro che pensano e ripensano ossessivamente a un accaduto specifico e non riescono a liberarsene. Ciò comporta paradossalmente non il superamento dell’angoscia grazie alla soddisfazione della fame emotiva, ma la sua trasformazione in un'altra angoscia, connessa all’irreversibilità del comportamento attuato.
  • Pine (Pinus sylvestris): fiore per avvilimento e rimorso connessi al fallimento della compensazione, attraverso il comportamento di abbuffarsi per estinguere la fame emotiva.
    Per coloro che si biasimano per gli errori che si attribuiscono e diventano preda di sentimenti di colpa, nell’impossibilità di perdonarsi per la qualità e la quantità di cibo ingerito che comunque considerano nocivo a sé stessi.
  • Cerato (Ceratostigma willmottiana): fiore per coloro che difettano della fiducia in sé stessi
    Per coloro che  non si fidano di sé stessi per prendere decisioni e che si fanno forviare dai consigli altrui: in maniera analoga  simbolica e metaforica, soffocano l’insicurezza con l’assunzione forviante di cibo.
  • Crab Apple (Malus pumila): fiore per coloro che si sentono impuri, se ne vergognano e cercano in tutti i modi di sbarazzarsi di questo problema
    Per coloro che dopo aver mangiato impulsivamente si sentono inquinati, come avessero assunto un veleno e cercano, senza riuscirci, di sbarazzarsene e/o si vergognano di come il loro aspetto fisico potrebbe peggiorare, senza possibilità di porvi rimedio.

I rimedi del dr. Bach ci aiutano a riconoscere e sciogliere il nostro Falso Sé in quanto, come egli stesso afferma, “inondano il nostro corpo con le vibrazioni positive del nostro Io Superiore, in presenza delle quali il disturbo si scioglie come neve al sole”

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