Terza età: come essere in forma dopo i 65 anni

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Quando comincia la terza età?

Secondo la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) l’anzianità è posticipata da 65 a 75 anni.[1] Questa nuova definizione si adatta allo stile di vita, tiene conto delle nuove performance fisiche e mentali di chi vive soprattutto in Paesi sviluppati sotto l’aspetto economico, sociale, sanitario; è adeguata alla situazione demografica della popolazione italiana.

Sulla base di questi criteri è stata creata una diversa categoria di anzianità dividendo le persone, con più di 65 anni, tra chi appartiene alla terza età (condizionata da buone condizioni di salute, inserimento sociale e disponibilità di risorse) e alla quarta età (caratterizzata da dipendenza da altri e decadimento fisico).

Un’altra metodologia suddivide, invece, le persone cosiddette anziane in quattro sottogruppi:

  • giovani anziani: tra i 64 e i 74 anni
  • anziani: tra i 75 e gli 84 anni
  • grandi vecchi: dagli 85 ai 99 anni
  • centenari

La proposta, che arriva dalla SIGG, è quella di aggiornare il concetto di anzianità portando a 75 anni l’età ideale per definire una persona come anziana.[2] Come già aveva fatto nel 2010 un autorevolissimo quotidiano nazionale che titolava “Oggi la terza età comincia a 75 anni”. [3]

Addirittura, secondo le previsioni dell’Istat,[4] a metà di questo secolo, la speranza di vita potrebbe arrivare a 85 anni per gli uomini e a 90 per le donne.

Detto questo, quali sono i fattori che hanno influenzato a tal punto la vita da trasformare la nostra in una società molto più anziana, ma anche più longeva?

Una ricerca dell'università svedese di Göteborg[5] ha dimostrato che i settantenni di oggi sono più prestanti dei loro coetanei di 30 anni fa ai test cognitivi e di intelligenza ottengono risultati migliori. Probabilmente perché sono più colti, più attivi e meglio curati rispetto al passato. Una persona di 65 anni di oggi, infatti, ha la forma fisica e cognitiva di una di 40-45 anni di 3 decenni fa, mentre una di 75 anni quella di un individuo che ne aveva 55 nel 1980.[6]

Le spiegazioni sono le più diverse e, a volte, le più disparate. Vive più a lungo chi mangia meglio, chi viaggia di più, chi segue una dieta vegana, quella pH, o quella mediterranea, ma anche chi mangia più carne, chi sorride di più, chi crede in Dio, chi vive in campagna e chi con un cane… Insomma, non è semplice trovare una risposta universalmente riconosciuta come valida.

Per la scienza, stando a uno studio pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”[7], la longevità è scritta nel DNA. Ma non tanto nella genetica, nei geni, che pure hanno un’influenza fondamentale nel determinare la salute dell’individuo, bensì nei telomeri; cioè, in quelle piccole porzioni di DNA che si trovano alla fine di ogni cromosoma e che non codificano per proteine. Ancora meglio, la causa è determinata dalla rapidità con cui essi si accorciano nei ripetuti cicli di replicazione cellulare. I telomeri, infatti, hanno la funzione di proteggere i geni dall’erosione, che si verifica appunto nei cicli di replicazione del DNA .

In altre parole, i ricercatori misurando la lunghezza dei telomeri in diverse specie di uccelli e mammiferi, con un’ampia gamma di dimensioni corporee e di longevità, hanno scoperto che la lunghezza media della vita delle stesse specie è correlata non con la lunghezza dei telomeri, ma con la rapidità con cui essi si accorciano nell’arco della loro esistenza: più è rapido l’accorciamento, minore è la longevità.

Molto più semplicemente, la longevità si ottiene quando l'invecchiamento avviene in modo uniforme, ovvero quando tutti gli organi e apparati subiscono un deterioramento e un decremento equilibrato, evitando che il crollo di una funzione coinvolga l'intero organismo.

Il ruolo dell’alimentazione

Un ruolo chiave è giocato dallo stile di vita, dal contesto climatico-ambientale e da buone abitudini alimentari.

È un dato di fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha catalogato Giappone e Italia come primo e secondo Paese in cui si vive più a lungo. Per capire il segreto di tale longevità, molti studiosi hanno sbirciato nel piatto di queste popolazioni centenarie e hanno scoperto che l’alimentazione degli ultranovantenni sardi e di quelli di Okinawa si rifà, in buona sostanza, alla dieta mediterranea e giapponese; ovvero, minori quantità di cibo e piatti ipocalorici: l’80-90% delle calorie deriva da fonti vegetali e dal pesce, e questo influenza anche la quantità di ciò che si mangia perché cereali, legumi, frutta e verdura sono ricchi di fibre, che nutrono e aumentano la sazietà.

Alimenti questi a tutti gli effetti superfood, quei cibi cioè che, oltre alle proprietà nutrizionali (antiossidanti, proteine, omega-3, minerali, fibre e altri nutrienti essenziali) presentano anche la capacità di influenzare in modo positivo le funzioni fisiologiche e di conservare o migliorare lo stato di salute e di benessere.

L’elenco di questi “supercibi” è lungo e va dai broccoli al cavolo nero e agli spinaci, dai mirtilli alle rape rosse e alla spirulina, dal cacao alla quinoa, all’avocado, ai semi di Chia, alla curcuma e allo zenzero; oppure, molto più semplicemente, all’olio di oliva, ai ceci, lenticchie, aglio e cipolla.

Oggi, però, costruire una “dieta nutraceutica” è molto difficile, né basta una sana alimentazione per assumere i nutrienti di cui abbiamo bisogno. In questo caso, dietro consiglio di un bravo nutrizionista o, di un medico dietologo, ci vengono in aiuto gli integratori di qualità, facendo attenzione quindi alla filiera produttiva.

Benessere psicologico

Un altro fattore ambientale che influisce sull'aspettativa di vita di un individuo è il benessere psicologico.

Sempre più evidenze scientifiche dimostrano come le componenti mentali ed emotive abbiano un ruolo decisivo nella determinazione dello stato di salute di un soggetto. Per stabilirle si utilizza un test, il PGWBI, composto da un Indice Globale di Benessere (IGB) e da sei dimensioni:[8] Ansia, Depressione, Positività, Autocontrollo, Salute Generale e Vitalità. L'Indice Globale di Benessere può variare da Benessere emotivo, Assenza di Distress, Distress Lieve, Distress Severo.

Ora, rispetto allo stress, i centenari presentano una tendenza a rispondere a eventi usuranti con una bassa intensità d'ansia se sostenuti da una discreta funzione cognitiva e buona capacità di adattamento, intesa come attitudine ad affrontare nuove situazioni, anche difficili e problematiche.

I benefici della ginnastica

terza età - ginnastica

Infine, una regolare attività motoria e fisica di lieve o moderata intensità (ginnastica dolce) comporta notevoli benefici in termini di salute in tutte le fasce d’età.

Una review[9], sempre della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, segnala che l’esercizio fisico nelle persone anziane è in grado di migliorare il tono muscolare e la capacità di movimento; ridurre l’osteoporosi; indurre un aumentato rilascio di mediatori neurormonali quali endorfine e serotonina; diminuire il rischio di morte improvvisa da patologie cardiovascolari; ridurre lo sviluppo di tumori e di malattie metaboliche; nonché rallentare il declino delle capacità cognitive.

A patto che il movimento sia adeguato alle potenzialità (organiche, psichiche, funzionali, ecc.) del soggetto e che sia stato prescritto dopo aver opportunamente stabilito intensità, durata e ritmo di ripetizione degli esercizi e dopo attenta valutazione delle condizioni ambientali nelle quali deve svolgersi. Deve essere, inoltre, uno stimolo globale per l’intero l’organismo, congeniale ed idoneo alle possibilità culturali, ideative ed affettive del soggetto e, infine,  far parte di un programma  di vita attiva, sia fisica che psico-comportamentale.

 

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