Guna for Africa

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Guna for Africa

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Il futuro di un continente

Abbiamo a cuore il futuro della società: come azienda farmaceutica, ci impegniamo ogni giorno per migliorare gli standard di vita della popolazione, grazie a prodotti terapeutici senza effetti indesiderati.

Ma – da tempo – abbiamo compreso che dobbiamo andare oltre nel nostro impegno sociale. Per questo sosteniamo concretamente le attività di Padre Kizito, missionario comboniano che con i suoi volontari lavora negli “slums”, le precarie e infinite periferie di Nairobi, per accogliere nei centri di primo soccorso i bambini di strada e reinserirli nel percorso scolastico, aiutandoli a costruirsi un futuro. Siamo anche intervenuti per coprire i costi di manutenzione di un pozzo di acqua potabile, con cui la comunità locale sarà in grado di ridurre significativamente i rischi di contagio da infezioni batteriche.

Ma il nostro impegno in Kenia non è limitato solo alle aree “povere”: a Malindi, a pochi passi dai lussuosi resort a cinque stelle della costa, la popolazione locale incontra le stesse difficoltà che nella capitale, con un alto tasso di abbandono scolastico. Da 3 anni acquistiamo quindi buoni scuola per la copertura dei costi di iscrizione, frequenza, libri, scuolabus e pasti per piccoli studenti meritevoli.

Abbiamo deciso di documentare queste appassionanti avventure in brevi videoclip, che documentano l’impegno di Padre Kizito e della Malindi Bay Academy, e abbiamo anche realizzato un video assai intrigante: vita di un turista occidentale e vita di un ragazzo del luogo a confronto.

Ricco/povero: intervista doppia a un turista occidentale e a un ragazzo del posto.

Intro: come Padre Kizito è arrivato in Africa.

I pericolosi slums di Nairobi: un centro di primo soccorso per bambini di strada.

L’acqua potabile: un bene prezioso e sempre più raro.

Malindi: povertà, fuori dalle rotte della solidarietà.

UN VIAGGIO IN AFRICA

Un nostro dipendente, Marco Serra, si è appassionato dell’Africa e ha voluto lasciare la sua testimonianza, che riportiamo integrale qui di seguito.

Jambo, Jambo bwana,
habari gani? nzuri sana,
wageni wakaribishwa Kenya yetu
hakuna matata

L’accoglienza in Kenya è la cosa più importante. I kenyoti sono accoglienti con tutti i membri delle loro tribù, oltre che verso gli stranieri, in particolar modo gli italiani, con cui condividono larga parte del territorio. E Jambo bwana, che significa “salve signore”, è la canzone che cantano al tuo arrivo. È una canzone che dimostra la loro felicità nel poterti dare ospitalità e anche nel poter avere un po’ di beneficio per il loro modestissimo tenore di vita.

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Hakuna matata racchiude un po’ il senso della loro concezione dell’esistenza. Un mondo fatto di cose piccole, semplici, che non danno pensieri. È la vita senza pensieri ad essere il loro primo obiettivo, la ricerca a cui ogni persona desidera arrivare ogni giorno della sua vita. In Kenya si vive con Hakuna matata come da noi si usa il cellulare. Ogni momento è buono per ricordarsi e ricordare al mondo che l’importante è non avere preoccupazioni.

È come se il cuore, dopo essersi rinfrescato da questo ricordo, placasse i suoi istinti e guardasse avanti, rimettendo al suo posto ogni cosa con la sua importanza.

La preoccupazione tuttavia di arrivare a fine giornata e garantire un futuro migliore ai propri figli è concreta e tangibile. Quello che sembra mancare totalmente è l’ansia e l’affanno per ottenerla. Se Hakuna matata è il fine, allora Pole Pole è il mezzo. Piano piano, infatti, è esattamente il ritmo che segue la Natura, la sua lenta evoluzione e il cerchio della Vita, che si compie nell’arco di una giornata così come nell’intera vita.

La parola più conosciuta da bambini kenyoti è “ciao”.
La urlano correndo a qualsiasi macchina che passa, nella speranza di poter ricevere qualche provvista, in cibo o in vestiti.
Le loro scuole non si differenziano dalle capanne di fango e legno presenti nel villaggio. In una sola classe ho contato 30 bambini, alcuni seduti per terra altri in piedi.
Una stanza senza banchi, in cui la distanza tra di loro era impercettibile, e una lavagna che assomigliava sorprendentemente in tutto e per tutto a una di quelle che si trovavano ai miei tempi a scuola (prima dell’avvento delle lavagne elettroniche).

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I bimbi sono quasi tutti vestiti con abiti decisamente non adatti alla loro età: pantaloni, camicie e magliette hanno taglie oversized, regali di qualche turista passato qualche tempo prima.

La donna nella foto sta invano cercando di impedire ai suoi figli di lanciarsi verso la Jeep su cui sono seduto e da cui abbiamo appena lanciato qualche vestito. Rischiano di finire schiacciati dalle ruote in corsa per un pezzo di stoffa.

L’espressione della ragazza in questa foto è emblematica della sua rabbia per non essere riuscita ad arrivare prima. Essere secondo vuol dire perdere e non c’è alcuna sportività in questo non-gioco. Gli averi sono personali, nonostante la condivisione degli spazi e del cibo sia tipica delle tribù.

I sorrisi prendono subito spazio dopo questi momenti di lotta per la sopravvivenza, che per noi sembrano assurdi. I kenyoti non perdono tempo per ridere di tutto. Al di fuori delle tribù che vivono nel centro del Kenya, vicine alla savana, quelle sulla costa sono spesso a contatto con i turisti e in molti parlano bene o molto bene sia l’inglese sia l’italiano.

Alcuni ragazzi fanno un lavoro a metà tra i venditori ambulanti, con tanto di licenza, e guide turistiche del posto. Si fanno chiamare i Beach Boys ed è impossibile poter fare una passeggiata sulla spiaggia senza essere accerchiati da un gruppo di loro. Sì perché hanno costruito un ingegnoso sistema di prenotazione che funziona in modo simile a quello della salumeria. L’unica differenza è che il pollo da spennare non sta in frigorifero…

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Le maree si alternano ogni 6 ore e variano ogni settimana.

La corrente che porta le basse maree è impressionante perché asciuga più di due chilometri di costa, praticamente pianeggianti, che diventano un interessante bacino per trovare stelle marine, granchi e altri animali tropicali che hanno trovato il loro modo di vivere in armonia questo cambiamento costante.


Le più belle sono le anemoni, che insieme ai pesci pagliaccio sono un emblema della vita simbiotica: i pesci pagliaccio ne depositano le loro uova all’interno e continuano a girarci intorno come per tenere la situazione sotto controllo, preservandole così dagli attacchi dei predatori: le punture delle anemoni sono velenose e paralizzanti per la maggior parte dei pesci, ma non per i pesci pagliaccio, ricoperti da uno strato di muco protettivo che li rende immuni.
Ricambiano “l’ospitalità” portando parte del cibo che catturano proprio tra i tentacoli dell’anemone.

Marco Serra


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